Milan, no Ibra no party? Senza lo svedese non è la stessa cosa ma...

IBRAHIMOVIC MILAN - Il tema dominante in casa rossonera all'indomani del pareggio interno ottenuto, e non senza qualche patema di troppo, contro un ottimo Verona, è stato sicuramente l'assenza di Zlatan Ibrahimovic. Ed il presunto collegamento tra quest'ultimo accadimento e la mancata vittoria. Pratiicamente tutti i quotidiani, sportivi e non, sottolineano la mancata presenza di Ibrahimovic come motivo fondamentale del pessimo approccio alla gara. È questa, per esempio, la linea di interpretazione scelta dal Corriere della Sera, ma anche da La Gazzetta dello Sport.

Ibrahimovic out: torna il "vecchio" Milan ma...

Pur essendo abbastanza facile cavalcare l'equazione "No Ibra no party" - come titola in prima pagina la Rosea ad esempio, ndr -, ci sarebbero da fare anche altre considerazioni. Vero che senza il carisma dello svedese alcuni giocatori sono sembrati meno coinvolti del solito. Vero che è mancata, in certi frangenti del match, quella carica emotriva che solo un leader come lui sa dare. Ma bisogna considerare altri fattori. Ieri Pioli era in piena emergenza, non potendo contare, tra squalifiche ed infortuni, su Bennacer, Kjaer, Krunic, Conti e lo stesso Ibra. E c'è dell'altro.

Le altre cause dei problemi mostrati ieri dal Milan

La sofferenza mostrata soprattutto nel primo tempo ma anche nella ripresa fino all'espulsione di Amrabat, è sembrata anche figlia di una differenza di gamba e di freschezza atletica rispetto al Verona. Che non a caso è una delle squadre più in forma del campionato. Juric ha messo in campo una squadra molto aggressiva, i cui interpreti hanno, per larga parte del match, vinto tutti i duelli individuali con i dirimpettai rossoneri. Anche il ciclo di partite ravvicinate, con la coda dei supplementari di Coppa Italia martedì scorso contro il Torino, può aver lasciato il segno su una squadra assolutamente non abituata a giocare ogni tre giorni. Insomma, senza Ibra non è la stessa cosa, questo è chiaro. Ma Pioli può ben dirsi rammaricato per aver dovuto rivoluzionare la squadra proprio contro un avversario di tale spessore.