Maldini: "Milan estrema passione, Berlusconi e Sacchi innovatori"

9 Maggio 2024
- di
Kevin Martorano
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Paolo Maldini intervista sul suo operato al Milan
Tempo di lettura: 3 minuti

MALDINI MILAN - Intervenuto ai microfoni di Radio TV Serie A, Paolo Maldini ha rilasciato una lunga intervista in cui ha toccato tantissimi argomenti inerenti al Milan. Di seguito le sue dichiarazioni.

Le parole di Maldini

"Il Milan era qualcosa di presente già da prima che nascessi, visto che mio padre è stato calciatore rossonero. È la squadra della mia città, l'ambiente dove sono cresciuto. Ho iniziato a giocarci a 10 anni ed ho smesso a 41, va oltre il tifo o il lavoro: è un'estrema passione. Il rapporto che c'è va oltre alle ere in cui sono passato attraverso questa grande società. Ogni squadra può far sì che il tifoso rivendichi qualcosa di particolare, noi milanisti abbiamo un passato glorioso con delle cadute, ma alla fine è più facile che il tifoso ricordi i momenti brutti per poi tornare a quelli belli. Noi in questo siamo stati maestri: i rimbalzi del Milan sono clamorosi".

Se è il custode del milanismo

"Non lo so, di sicuro il calcio ed il Milan mi hanno insegnato tanto come valori e principi: questa è una cosa di cui devi tener conto quando lavori per questo grande club. È qualcosa che va oltre il risultato, quando si parla di una storia ultracentenaria credo che vada conosciuta, studiata e rispettata. Responsabilità nell'essere Paolo Maldini "milanista"? Non la sento, quando vado in giro mi sento Paolo, non "il milanista". È normale che quando la gente mi vede le domande sono rivolte al Paolo Maldini calciatore, ma credo che la gente negli anni ti apprezzi anche come persona. Ho cercato di non scindere il calciatore dalla persona: è questione di disciplina, il calcio insegna ad avere obiettivi, devi capire chi vuoi essere".

Sul rapporto con Silvio Berlusconi

"Berlusconi ha portato un'idea moderna e visionaria del calcio e del mondo in generale. Ricordo il primo discorso, eravamo in una sala pranzo a Milanello e ci disse che voleva vederci giocare il miglior calcio al mondo, giocando allo stesso modo sia in casa che fuori. Era convinto che saremmo presto diventati campioni del mondo, arrivò a stagione in corso, ma dall'anno dopo cambiò tutto: palestra, alimentazione, Milanello, allenatore e preparatori atletici. Era tutta farina del suo sacco, aveva già immaginato una struttura adatta per andare a competere con le migliori squadre del mondo. C'è sempre tanta differenza per l'imprenditore che entra nel calcio. È stato forse più difficile quando ha preso Sacchi, è stato il vero stravolgimento calcistico. Tutto intorno a noi era fatto per farci crescere come persone. C'erano dirigenti con ruoli ben specifici, c'era rispetto per le regole".

Su cosa fece di speciale Sacchi

"Sacchi stravolse la nostra idea di allenamento e di gioco. Non aveva ancora fatto molto nel calcio ad alto livello e questo poteva creare qualche dubbio. Quando poi abbiamo capito i reali vantaggi credendo in lui abbiamo iniziato a volare. Berlusconi ha fatto tanto, la sua impronta è ovunque. A me piaceva molto la sua idea di cercare di giocare bene e vincere, rispettando l'avversario. Quando diceva che quando non vinceva il Milan gli avrebbe fatto piacere se vincesse l'Inter lo credeva veramente. Naturalmente c'era rivalità, ma quest'idea di essere onesto e riuscire ad arrivare al risultato attraverso il sacrificio, il lavoro e una visione diversa complimentandosi con l'avversario è stato un grande insegnamento".

Se è mai stato tentato da altre squadre

"No, ci sono stati momenti delicati all'interno del club. Le cose non andavano bene e c'era amarezza da parte mia, ma mi portava a cercare di migliorare le cose. Per andare via ci deve essere una squadra che ti chiede, la tua volontà e quella del club: queste tre cose non sono mai arrivate insieme. Il no al Real Madrid? Difficile dire di no: può accadere solo se sei contento al Milan, in quegli anni il Milan era la squadra di riferimento. Pallone d'oro? Non penso ad ingiustizie nella mia carriera, è un premio individuale che non faceva parte degli obiettivi che mi ero posto. Non era una certificazione, per me lo sono altre cose. Io il più grande perdente della storia? Il discorso è ampio, naturalmente poi viene presa in considerazione solo quella frase. Le vittorie passano attraverso le sconfitte, ho perso tante finali e ne ho giocate altrettante vincendole, la stessa cosa si può dire di Federer o di un grande tennista, è un discorso ampio, non posso considerarmi un perdente nella vita".

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