MALDINI PORETCAST MILAN - Intervenuto al PoretCast, il programma vodcast di Giacomo Poretti, l'ex capitano e stella indiscussa del Milan, Paolo Maldini, ha parlato di tantissimi argomenti riguardanti i rossoneri. Ma anche la sua vita professionale, distinta da quella da dirigente rossonero. Dal presente al passato, dal mercato alle vicende di campo. Numero Diez ci fornisce in esclusiva la diretta testuale dell'episodio, che sarà disponibile solo tra qualche giorno sui canali social ufficiali del PoretCast.
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“Per un giocatore è sempre più difficile restare tutta la carriera in una squadra. Ho iniziato nell’84/85 in Serie A, allora non era così comune andare all’estero o cambiare squadra, c’erano meccanismi diversi. Io ho avuto la fortuna di trovare un presidente e una squadra che mi hanno permesso di restare nella stessa squadra. L’essere amato da tutti deriva anche dal fatto che ho fatto 4 Mondiali e ho rappresentato l’Italia“.
“Ci sono stato molto vicino, nel 2006 Lippi mi chiese di andare ma risposi che non ce la facevo. Iniziavo ad avere qualche dolorino e quindi volevo stare al meglio per gli ultimi anni della mia carriera“.
“Tante cose le impari, soprattutto la disciplina. La tecnica la puoi allenare ma è vero che il “caso” ti premia, poi ovviamente sta a te sviluppare determinate caratteristiche. Mi bastano 10 secondi per capire chi è portato e chi no, poi naturalmente per arrivare ad un certo livello ci vuole tanto altro. Mi focalizzo sulla disciplina. Bisogna fare una vita con obiettivi chiari, devi essere molto competitivo, molte persone vorrebbero prendere il tuo ruolo. Solitamente chi ha tanto talento tende a lavorare meno, ma per arrivare ad un certo livello è fondamentale avere disciplina”.
“Avendo giocato 25 anni, ho iniziato con i Baresi e finito con i Pato, ho visto diverse generazioni. Le generazioni sono cambiate, l’aspetto veramente diverso sono i social, c’è tanta pressione. Poi ci sono casi con troppe aspettative, in determinate famiglie ci si rende conto che il diamante grezzo sei tu e hai tante pressioni. Il calcio è uno sport di squadra, ci sono ragazzi di varie etnie, non devi pensare solo a te stesso ma al bene della squadra. Capita di dover lavorare solo per il tuo compagno perché per lui non è una giornata positiva. Non sempre i ragazzi hanno la coscienza del potere che hanno sui tifosi”.
“Dai miei genitori ho ricevuto tanto amore, la solidarietà dei miei fratelli, sono cose che mi restano. Le nuove generazioni bisogna provare a farle crescere così. Bisogna sapere su quali persone puoi contare nei momenti del bisogno. Mio padre non viveva benissimo l’imitazione di Teo Teocoli“.
"In campo marcare Ronaldo era veramente difficile. Lui e Maradona, difficilissimo”.
“Ho iniziato a giocare abbastanza giovane, quando arrivi nello spogliatoio ti rendi conto come stai, se bene o meno, è tutta una questione di tensione. Abbiamo fatto anche dei derby in Champions League, ti ricordi? In quel caso la tensione era ai massimi livelli. Poi dopo quando hai una certa età aspetti solo quella partita. Quando mi chiedono cosa mi manca rispondo l’ambiente dello spogliatoio e quel misto tra paura ed emozione prima della partita, il contatto e l’adrenalina della gente. 80 mila persone sono tante. Sono quello che ha fatto più derby di tutti“.
“Tanta differenza, in un caso subisci il risultato nell’altra hai possibilità di determinare. Puoi solo parlare con i calciatori, per me era difficile. Io e Massara soffriamo entrambi, io però mi agitavo e lo stringevo. Quando sei in campo quando finisci sei a terra se perdi, se vinci hai tanta adrenalina. Non farò mai l'allenatore, mio papà è stato allenatore, tra Italia, Parma e Foggia, non lo sento mio. Anche se avendo avuto tanti allenatori ho appreso tante lezioni dai migliori, come Sacchi e Ancelotti. Bisogna avere tanta voglia. Penso che ora più di prima l’allenatore deve saper gestire bene i ragazzi. Sacchi Non essendo stato calciatore ha studiato davvero tanto per arrivare a livelli altissimi, ha raggiunto vette importanti“.
“Noi calciatori siamo dei matti che si riescono a controllare. Per fortuna le cose che succedono restano nello spogliatoio. Ricordo? In Nazionale Ferrara, i Di Livio, Totti, “cazzari” veri. Ancelotti invece davvero simpatico, con la battuta sempre pronta.
“Rafa è un grande talento, aldilà che faccia calcio, modello o cantante, ha qualcosa di importante. Leao mi ha chiesto di far uscire il disco due giorni prima della partita, gli ho risposto che non era un problema ma avrebbe dovuto segnare due gol il sabato, non segnò ma fece assist. La cosa più bella di questi anni sono proprio i rapporti personali, lui è arrivato dal Lille, era un grande talento ma doveva ancora dimostrare. Il rapporto che si crea con loro è la cosa più bella che ti rimane, più dei trofei e delle partite vinte. Sono sempre dei rapporti personali, ti metti a disposizione per formare questi ragazzi”.
“Capita di portare i nostri problemi in famiglia, ci sono stati tanti momenti difficili, in cui ti senti perso. Sei giudicato ogni tre giorni praticamente. Mio padre mi diceva sempre che giocando, anche se stai male, sarai giudicato da tutti. La stampa devi accettarla come tale, fa parte del tuo ruolo, sia da giocatore che da dirigente. In quanto giocatore sei purtroppo costretto a dire molte banalità, fai fatica dopo una partita a dire qualcosa di intelligente“.
“La prima volta che vinci ti rendi conto che puoi vincere. Il primo Scudetto con Sacchi mi ha fatto capire di poter vincere e mi è rimasto impresso“.
“Quando perdi una finale Mondiale o una semifinale contro Maradona non è facile. Anche con il Milan ad Istanbul, avevo segnato dopo 40 secondi. Dopo il gol ho pensato che fosse una serata strana, per segnare io in finale di Champions dopo 40 secondi".
“Quelli con cui sono tanto legato sono Angelo Carbone, ex direttore generale del Milan, Ibrahim Ba, Costacurta e Lorenzini. Vieri? Con lui ho giocato solamente sei mesi al Milan e poi in Nazionale. Sono davvero tanti però i personaggi che vedo sempre con piacere“.
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“Penso che un calciatore come Messi sia uno spettacolo per tutti, anche se ormai è tardi, fa delle cose che ogni volta ti sorprendono. Quando leggevo che poteva andare all’Inter ero amareggiato. Per 10 giorni ho provato a portarlo al Milan ma poi abbiamo capito che era impossibile”.
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