GIROUD MILAN INTERVISTA - Olivier Giroud ieri ha presentato a Milano il suo libro 'Crederci, sempre. Perché ho fiducia nella vita, in Dio, in me stesso e nel destino’. Nel corso dell’evento ha parlato del libro e della sua carriera con la maglia del Milan.
"Volevo scriverlo. Lo scrittore di un libro su Deschamps mi ha contattato perché voleva raccontare la mia vita e abbiamo fatto un grande lavoro insieme. Mio Fratello? Era lui quello bravo, ha giocato con Henry, Anelka e Trezeguet quando era piccolo".
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“Al Chelsea ero il terzo attaccante, c'erano Abraham e anche Batsuahyi davanti a me. Parlai con Lampard per trovare una soluzione, ma lui non voleva mandarmi via. Poi segnai 8 gol nelle ultime 10 partite. L'Inter era molto interessata a me, ma ad un certo punto mi hanno detto che non c'erano più soldi per me. Mi voleva anche la Lazio. Potevo andare al Tottenham, ma avevo giocato nell'Arsenal. Era destino che fossi rossonero e non nerazzurro. Ero a Nizza con la Nazionale. Il mio manager mi ha detto che era meglio parlare Facetime con Maldini: per me era una cosa speciale, è una leggenda del Milan. Mi piace il rapporto con lui e Massara. Ho parlato con loro senza problemi e per me era un segnale di dover andare al Milan. Il derby del 5 febbraio? Emozione pazzesca, con la Curva Sud davanti a me. Sono stati due gol pesanti. Se l'Inter avesse vinto il derby sarebbe stata quasi irraggiungibile. Ho spinto De Vrij prima di fare quella corsa e sul passaggio di Calabria si è trovato in ritardo. Tutti i tifosi mi hanno parlato del gol per 4-5-6 mesi. Succede solo a chi ci crede. Sono molto orgoglioso e spero di vivere ancora questo tipo di emozioni".
"La concorrenza è un tiramisù, è il mio dolce preferito. Non conoscevo tanto lo stile di Pioli, ma ho capito subito che è una brava persona, sincera, che sa come parlare ai giocatori. Ibra è una leggenda del Milan; non gli ho detto subito che fossi un suo tifoso. I miei amici mi hanno regalato la sua maglia. Avevo un po' di apprensione nel chiedergliela. Lui ora mi prende in giro su questo. Sono molto felice del rapporto che abbiamo. Negli anni del grande Milan, tra il 90 e il 2000, ero un grande tifoso del Milan. Ho visto tanti video di Van Basten e di Papin, volevo segnare come loro. Sheva era per me la classe, l'esempio, il calciatore preferito: lui poteva fare gol in tutti i modi e mi piaceva la sua mentalità. Quando l'ho incontrato avevo le stelle negli occhi. La maledizione del 9? Non c'è tabù. Io sono cristiano, non sono superstizioso. Non è un numero che mi fa fare gol. E' un bel regalo essere come Pippo Inzaghi il numero 9 del Milan".
"Ho paragonato l'atmosfera di vincere lo Scudetto a quella del Mondiale. È normale. Non ho mai visto questo tipo di celebrazioni. La gente ha aspettato a lungo questo titolo; la gente piangeva per la strada e questo ti prende il cuore. Con la Francia andammo troppo velocemente, qui ci abbiamo messo 4 ore e mezza. I tifosi a Reggio Emilia sono tutti venuti sul campo: non me lo aspettavo, è stato pazzesco. In doccia canto 'I campioni dell'Italia siamo noi'. L'ho cantata tutta l'estate, l'ho insegnata ai miei figli. Un sabato festeggiavo con la famiglia, era il mio anniversario di matrimonio e il battesimo di mia figlia; c'era una band e abbiamo cantato 'Freed from desire' con gli amici: non so più il testo originale, ma solo Pioli is on fire. Il più difficile nel calcio non è arrivare, ma restare dove sei. Abbiamo fatto una grande stagione e la nuova sarà una stagione ancora più difficile, perché Juve e Inter si stanno rinforzando. Ma mi piace questo tipo di sfida: sarà molto difficile, ma penso che abbiamo le qualità per vincere".