Filippo Inzaghi: "Atene? Non ho dormito per dieci anni"

15 Ottobre 2023
- di
Redazione RS
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Filippo Inzaghi
Tempo di lettura: 4 minuti

MILAN PIPPO INZAGHI - Intervenuto nell'ultima giornata del Festival dello Sport di Trento, evento organizzato da La Gazzetta dello Sport, Filippo Inzaghi ha ripercorso le tappe della sua carriera: dalle partitelle nei parchi giochi al campo di San Siro, dove ha concluso la sua carriera. Di seguito le parole del neo allenatore della Salernitana.

Le parole di Filippo Inzaghi: "Atene è stata la partita della vita"

"Sono contento di essere qui oggi. La gente è stata sempre la nostra e la mia fortuna. Quando perdo le partite faccio sempre un giro nel mio paese e vedo sempre grande affetto dalla gente".

Sull'Inzaghi bambino

"Noi siamo stati una generazione fortunata. Dal pomeriggio alla sera giocavamo sempre a calcio in piazza: non invidio i giovani d'oggi. Da ragazzi, il nostro più grande interesse era il pallone. La famiglia in questo ha fatto la differenza. Sono stato in una piazza e c'era scritto: 'Vietato giocare a calcio' mi viene da ridere".

Sui genitori

"Se io e Simone siamo così oggi è merito dei nostri genitori. Ci hanno dato i valori giusti: dopo gli studi mi hanno fatto fare quello che mi piaceva di più, giocare a calcio. Sono stati fondamentali per il mio percorso".

Sulla carriera

"Prima di arrivare dopo sono arrivato ho fatto tantissima gavetta, mi sono dovuto guadagnare tutto e mi sono fidato dei miei genitori. Prima di arrivare alla Juventus a 24 anni, ho dovuto fare tanta strada. Oggi è troppo facile: dopo cinque partite, ai giovani vengono dati ingaggi troppo alti. Non ho mai mollato e ci ho sempre creduto: ho sempre dato tutto me stesso. Questa è stata la chiave del mio successo e della mia carriera. Quello che suggerisco io è quello di fare il possibile per raggiungere i propri sogni, poi chiaro: anche il destino ti aiuta. Quando ho fatto il primo gol in Europa come potevo pensare di fare oltre 70 gol? Quella partita con il Real Madrid è stata indimenticabile: superare Muller a quell'età e stare ancora così bene è stato incredibile. La gente è impazzita quella sera, un'emozione che non dimenticherò mai".

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Sul fratello Simone

"Simone è stato sempre più bravo in tutto con me, io però non ho mai mollato. Usavamo anche il garage per giocare. Quando sbagliavi il tiro di troppo il pallone andava sul balcone dei vicini. Adesso sfido a trovare qualche ragazzo che gioca in cortile". Interviene il padre: "Giocavano tantissimo in mansarda".

Sulla prima volta a San Siro

"La prima volta a San Siro è stata un'emozione incredibile. Sono cresciuto guardando le partite del Piacenza: crescendo così riesci ad apprezzare tutto il percorso. Mi sento sempre in dovere di fare l'autografo ai tifosi perché so cosa significa per loro. Aver giocato in quello stadio è stata un'emozione unica. Quel calore della gente non si vede da altre parti".

Sull'ultima partita giocata

"Il giorno della fine per noi grandi campioni è difficile e tante volte non lo capiamo. Dopo la mia ultima partita, con il gol sotto alla Curva Sud, riflettendoci bene, ho pensato che miglior fine non poteva esserci. Da un certo punto di vista, questo fatto mi ha cambiato molto. Quando sono andato ad allenare al Venezia, quando magari mancava qualcuno per la partitella, mi univo io".

Sulla scelta di allenare

"Io faccio le scelte per passione. Quello che mi ha spinto ad allenare è stato voler dare ai miei giocatori gli insegnamenti che ho imparato nel corso della mia carriera: è un lavoro difficile ma bellissimo. In questo mi aiuta anche la mia famiglia. Sono davvero fortunato".

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Sulle critiche

"Sono riusciti a fare polemica su di me dopo una tripletta. In Italia siamo sempre stati così, dobbiamo cercare di apprezzare un po' di quello che abbiamo. Le critiche, quelle giuste, fanno bene. Gli allenatori italiani sono bravi e devono essere apprezzati in Italia, non all'estero. Lo stesso discorso vale per i giocatori: bisogna dargli fiducia".

Sul conoscere i propri compagni di squadra

"L'altra mattina stavo parlando con il presidente Iervolino: mi ha chiesto di insegnare qualcosa di mio ai nostri attaccanti. La prima cosa è imparare a conoscere i propri compagni di squadra: io conoscevo cosa facevano i vari Pirlo, Kakà e tutti gli altri".

Sull'importanza dei gol per un attaccante

"A 22/23 anni vinco la classifica marcatori di Serie A. Dopo l'Atalanta ho la fortuna di giocare prima alla Juventus, poi al Milan: per un giocatore è il massimo. Zidane, insieme a Kakà e Rui Costa, sono stati il meglio per il loro ruolo. Quando riesci a decidere delle finali di Champions diventa difficile criticarti. Al di là di tutto i gol sono importanti. Atene è stata la partita della vita".

Sulla nazionale

"Ora la Nazionale è in ottime mani. Ci sono dei giovani molto bravi. Ai miei tempi gli attaccanti che giocavano con me erano tutti forti. Io mi auguro che l'Italia possa tornare a far bene".

Il ricordo dei due presidenti

"In Berlusconi e Agnelli ho sempre visto tanta passione. In una grande società questo fa la differenza: capisci il loro spessore soprattutto nelle sconfitte. Ti davano la giusta carica".

Il retroscena su Atene

"Prima di Atene stavo male: probabilmente ho giocato con un flessore stirato. Il destino mi ha aiutato: il primo gol mi ha dato la forza per giocare anche nel secondo tempo. Non ho dormito per dieci anni: per me fu impensabile aver segnato una doppietta in una finale di Champions League".

Il Milan da allenatore

"Io ho iniziato ad allenare Allievi e Primavere al Milan. Quando mi hanno chiesto di allenare la prima squadra non ho potuto rifiutare: come puoi dire no al Milan? Io ci ho messo tutto me stesso. Poi negli anni si è visto che è stata dura per tutti riuscire a gestire quella squadra. Grazie a quell'esperienza è iniziata la mia vera carriera da allenatore".

Sul Mondiale 2006

"Quando sei ad un mondiale l'importante è portare a casa buoni risultati. Non ho giocato molto ma è stata un'emozione indimenticabile, è stata una grandissima soddisfazione. Il pallone non dato a Barone? Scherzo sempre con lui, gliel'avessi data avrebbe calciato alto".

Sulla nuova avventura a Salerno

"Io penso che quando un allenatore torna a casa dopo aver fatto di tutto per la squadra al campo non deve rimproverarsi di nulla. Io amo la passione della gente e dei tifosi: per me questo è ancora il calcio dei tifosi. A Salerno abbiamo una delle tifoserie più belle d'Italia: dobbiamo essere bravi noi a far parlare i fatti. Con il lavoro serio i risultati si ottengono. Cerco sempre di essere onesto con i miei calciatori. Personalmente gli ultimi anni non sono stati facili: quella di Reggio è una ferita aperta. Queste cose mi aiuteranno ad andare avanti con più voglia".

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