MILAN PAGELLONE 2023 - Il 2023 giunge al suo tramonto, portando con sé gioie e dolori, con una certa prevalenza dei secondi in casa Milan. Un anno costellato da magre figure (soprattutto nei derby), infortuni a raffica e un desolante 0 alla voce trofei vinti. Che, di fatto, ha gettato nello sconforto tutto l'ambiente, consapevole che il ciclo di Stefano Pioli è ormai giunto al termine. Ma bando alle ciance, ecco il pagellone dei rossoneri tra top e flop dell'intero anno solare.
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Maignan: nonostante un'assenza lunga 5 mesi, Mike Maignan è riuscito ugualmente ad essere decisivo per le sorti dei rossoneri, almeno nella prima metà del 2023. Il portiere francese, già protagonista indiscusso della cavalcata tricolore dell'anno precedente, ha salvato in diverse circostanze la squadra di Stefano Pioli: dalle parate di Londra contro il Tottenham al rigore respinto a Kvaratskhelia nel ritorno dei quarti di Champions. Nuovi, decisivi interventi, da aggiungere alla pregiata collezione di Magic Mike.
Sportiello: no, non è una provocazione, o una bocciatura per Mike Maignan, seppur più incerto rispetto al passato. Ma la constatazione che, nel rapporto qualità prezzo, l'ex Atalanta è tra i migliori portieri di riserva in circolazione. Perché nelle occasioni in cui è stato chiamato in causa, Marco Sportiello ha risposto presente: l'intervento a tempo scaduto contro il Newcastle, le parate contro Cagliari e Hellas Verona in campionato. Tutte importanti. Anche lui, alla fine, è tra le vittime della sciagurata ecatombe di infortuni a Milanello. Ma ha già dimostrato di essere pronto e affidabile.
Tatarusanu: identificarlo come unico colpevole del tracollo rossonero di gennaio non sarebbe generoso. Però, va detto che di errori ne ha commessi a profusione: Sassuolo, derby di campionato, Lazio... avulso dal coraggio di uscire dai pali, disastroso nel leggere le traiettorie dei tiri: si può dire che l'upgrade con Sportiello è stato evidente...
Nessuno
Thiaw: la scoperta migliore della prima metà dell'anno. Tenuto nel congelatore fino a gennaio, il difensore tedesco fa innamorare i tifosi milanisti nella fredda notte di San Valentino, mettendo la museruola a un certo Harry Kane. Da lì, seppur con qualche scivolone sparso, è un susseguirsi di prestazioni di altissimo livello.
Hernandez: più che un top, in realtà si può considerare il "meno flop" tra gli altri. Eppure, nonostante un post-Mondiale molto difficile, Theo ha trovato, comunque, il modo di essere decisivo: in Champions contro il Tottenham, la cavalcata micidiale contro la Lazio... sprazzi di quel treno che, comunque, da diverso tempo non si vede con continuità.
Tomori: nel disastro difensivo del finale di 2023, lui ha impedito alla nave di affondare definitivamente. Tornato sui livelli dello Scudetto, l'ex Chelsea ha trovato una certa confidenza anche con il gol (3 reti in campionato). Prima di cadere sotto ai colpi della "macelleria" di Milanello: era l'ultimo superstite di una difesa già a pezzi.
Florenzi: un po' a destra, un po' a sinistra, un po' a centrocampo... insomma, l'ex Roma si è riscoperto funzionale e duttile agli ordini di Pioli. Estraneo agli infortuni in questa stagione (per ora), Spizzi ha mantenuto un livello superiore alla (disastrosa) media dei suoi compagni di reparto.
Kalulu: la più piacevole delle scoperte dell'anno dello Scudetto non si è mai più confermata. Pierre Kalulu ha faticato enormemente a replicare le prestazioni monstre del magico 2022, palesando limiti di natura tecnica ma, soprattutto, tattica. Un po' centrale, un po' terzino: la confusione targata Stefano Pioli gli ha tarpato le ali.
Tomori: già, perché per arrivare agli standard elevatissimi del finale di 2023, Fik è dovuto passare da una tempesta lunga almeno 6 mesi. Gli orrori in tutti i derby fino a maggio, le gravi disattenzioni in fase di palleggio e di lettura sparse lungo il cammino della scorsa stagione, avevano fatto storcere il naso sul suo reale valore. Ci ha pensato lui personalmente, poi, a smentire tutti.
Thiaw: il buio dopo l'exploit. Il difensore tedesco ha inanellato una serie di prestazioni horror, dal derby di settembre a quella contro la Juventus (condita dall'espulsione nel primo tempo), replicando il percorso zoppicante di Kalulu nella prima metà dell'anno solare. Con la grave complicità, però, di un allenatore che lo ha costretto a un'interpretazione scellerata del ruolo, ben distante dalle sue caratteristiche. E che ha inciso, con ogni probabilità, sul grave infortunio muscolare che lo costringerà ai box almeno fino a febbraio 2024.
Pellegrino: il tanto richiesto difensore centrale, giovane e di prospettiva, che potesse esplodere con la maglia rossonera. Ma di Kalulu e Thiaw, fondamentalmente, ne esistono due. L'argentino ha visto il campo solamente nella trasferta di Napoli, dove ha rimediato una frattura al piede e giramenti di testa per restare aggrappato a Raspadori. Non è semplicemente adeguato, per il momento.
Tonali: Nel centrocampo disastrato della prima metà del 2023, gli unici su cui Stefano Pioli ha realmente potuto contare fino in fondo sono stati i suoi due titolari inamovibili. A cominciare da Sandro, leader e trascinatore in mezzo al campo, ultimo a mollare anche nelle serate più negative. In tal senso, è emblematica la sua prestazione nell'Euroderby d'andata, dove a un certo punto era l'unico a sfidare gli 11 nerazzurri, al culmine di una prova quasi commovente. L'ultima con la maglia rossonera addosso, prima della sorprendente (e ben remunerata) separazione a inizio estate. Ma, come la storia insegna, certi amori...
Bennacer: L'altro lato della cerniera rossonera, un folletto tutto forza e cervello. Ma, oltre a questo, l'algerino ha messo in mostra anche un'insolita duttilità. La vera svolta della sua stagione arriva a marzo, quando in un Napoli-Milan 0-4 Pioli lo lancia da trequartista, ruolo in cui annulla Lobotka. E lo farà ancora, a San Siro, nell'andata dei quarti di finale di Champions, decisa proprio da un suo gol. E lo farà anche nella gara di ritorno al Maradona. Si ripeterà anche con la Lazio (dove va di nuovo a segno), scontro determinante per il quarto posto. Una stagione che naufraga, poi, nella notte dell'Euroderby di ritorno, dove incappa nel terribile infortunio che lo costringerà a oltre 6 mesi di stop. In cui la sua assenza, si farà sentire. Eccome.
Reijnders: arrivato in punta di piedi, il centrocampista olandese dimostra fin da subito il perché Pioli lo abbia voluto così tanto. Bello da vedere con la palla al piede, garantisce fraseggio e inserimenti (2 gol in campionato). Letteralmente insostituibile, non ne salta una da agosto. Se c'è proprio un difetto da sottolineare, è una certa mancanza di personalità nelle partite che contano. Cosa non da poco, ma che col tempo migliorerà. La base di partenza, intanto, è più che buona.
Loftus-Cheek: un carro armato degno del miglior Kessie fino a novembre. Gli avversari hanno un solo modo per contenerlo: buttarlo giù. E non sempre ci riescono. Dominatore incontrastato in mezzo al campo, con la prestazione a San Siro contro il Psg ancora viva nella memoria dei tifosi milanisti... Tuttavia, la sua fragilità fisica fa pensare che, per vedere la miglior versione di Loftus-Cheek, bisognerà attendere le occasioni più importanti. Non a caso, da quella sera non si è mai più visto su quei livelli.
De Ketelaere: il più grande abbaglio rossonero degli ultimi 10 anni. Un errore madornale costato 35 milioni. Inadeguato, lento, divorato da una pressione troppo grande per un giocatore del tutto normale, nulla di più. In ogni occasione concessagli da Pioli non è mai stato in grado di seguire una retta via, intimorito persino da un passaggio a due metri di distanza. Si dirà: forse non è mai stato messo a proprio agio, forse non ha mai giocato nel suo ruolo. Eppure, per azzeccare un paio di passaggi di fila, non serve mica il mental coach...
Pobega: il sostituto di Kessie che, in realtà, di Kessie non ha mai avuto nulla. Rientrato alla base dopo i prestiti delle ultime stagioni, in campo è sempre stato orribile da vedere. Lento, macchinoso, con un piede non esattamente alla Seedorf, ma neanche alla Kessie... Le due reti contro Roma e Bologna non bastano mica a raddrizzare il giudizio su una prima metà di 2023 semplicemente negativa.
Krunic: pupillo di Pioli, è l'emblema perfetto del fallimento tecnico-tattico dell'allenatore emiliano. Rimasto a Milano per volontà dello stesso Pioli, nonostante una ricca offerta del Fenerbahce, il bosniaco ha fatto venire l'urticaria anche al più "tuttapposter" dei tifosi milanisti. Da regista, da mezz'ala, persino da difensore centrale: uno sprofondo senza sosta, che alla fine ha convinto persino Pioli a relegarlo in panchina, senza neanche concedergli un solo riscaldamento per un eventuale ingresso in campo. I tempi per una separazione sono pressoché maturi. E forse anche Pioli l'avrà capito.
Pobega: copia e incolla della prima metà dell'anno. Nessuna novità, nessuna crescita, nessun apporto di qualità alla causa. Stavolta ci si è messa anche la cattiva sorte, con il grave infortunio muscolare che lo costringerà a 4 mesi di stop. Ma a dirla tutta, non è che sia una grande perdita...
Giroud: il buon vino quando invecchia migliora. E Olivier Giroud, col passare del tempo, diventa sempre più forte. Fagocitato dalla valanga che ha travolto i rossoneri tra gennaio e febbraio, ha trovato la forza di risollevarsi e tornare a segnare con continuità nel rush finale di stagione. Come a Napoli nel ritorno dei quarti di Champions, perfetta sintesi di quanto detto: prima sbaglia un rigore, poi realizza il gol che vale la qualificazione. E ci mette la testa anche a Torino, nella zuccata da 3 punti contro la Juventus, utile per artigliare il quarto posto. Quando conta, c'è sempre.
Leao: tutti chiedevano un salto di qualità nella testa, più che nei piedi. Ebbene, il fuoriclasse portoghese, fino a giugno, sembrava finalmente aver ascoltato le richieste. Decisivo nei momenti decisivi, in particolare a Napoli, dove tra campionato e Champions ha asfaltato i futuri campioni d'Italia. L'infortunio pre-Euroderby lascerà tutti i tifosi milanisti con un enorme "What if...?", ma non cambierà la sostanza del suo 2023 - atto I: dirompente e determinante. E leale, con un rinnovo di contratto tanto bramato quanto incerto fino all'ultimo.
Pulisic: Capitan America ha conquistato Milano in soli 3 mesi. A conferma di come più un neo-acquisto arriva tra lo scetticismo generale, più ha possibilità di far ricredere tutti. Già, perché alla notizia del suo sbarco al Milan, in molti si chiedevano: "Cosa viene a fare un rottame?", "Avete visto quanti infortuni ha avuto prima d'ora?". Tutti dubbi a cui Christian Pulisic ha risposto con i numeri: 6 gol e 4 assist in campionato, più 1 gol in Champions League. Secondo miglior marcatore stagionale, alle spalle di Giroud. Non c'è davvero altro da aggiungere.
Giroud: manca il vice-Giroud? E che problema c'è: Olivier ringiovanisce ancora. Alla tenera età di 37 anni, sfodera il miglior inizio di stagione della sua vita rossonera, con 9 gol complessivi tra campionato e Champions League, più 6 assist. Numeri incredibili, che spiegano l'importanza di un giocatore tanto forte quanto necessario. E che, proprio per questo, meriterebbe di centellinare le sue forze, per esprimersi ancor più al meglio. Chissà se, stavolta, dai piani alti di via Aldo Rossi lo capiranno...
Origi: "In Serie A farà i buchi, guardate Lukaku". Questa era la frase con cui Divock Origi fu accolto a Milano a giugno 2022. Ebbene, gli unici buchi fatti sono indubbiamente quelli ai televisori dei tifosi milanisti, in preda a crisi di nervi ogni qualvolta metteva piede in campo. Immobile (e non Ciro), incapace di eseguire o anche solo di pensare un movimento in profondità, per non parlare della verve realizzativa (il bellissimo e inutile gol del 2-5 contro il Sassuolo). Il tutto alla modica cifra di 4,5 milioni netti all'anno. Perché anche se "Dybala non era adatto al progetto rossonero" (cit.), di certo non lo era nemmeno lo scarto del Liverpool.
Rebic: il vice-Leao che non è mai esistito per sei mesi, l'altro complice delle crisi nevrotiche dei tifosi milanisti fino a giugno. Tra infortuni (veri o falsi?), impegno degno della scampagnata di Pasquetta e professionalità sotto ai piedi, Rebic ha lasciato un pessimo ricordo a Milanello.
Romero: l'oggetto misterioso del mercato estivo rossonero. Arrivato prima dei fuochi d'artificio di luglio, l'ex Lazio ha lasciato il segno solo nelle amichevoli estive. Quando conta, però, ha denotato enormi limiti. Finora si è visto solo nella trasferta di Napoli. E guarda caso, con il suo ingresso si è passati dallo 0-2 al 2-2 finale. Non può essere solo una coincidenza...
Leao: l'uomo più rappresentativo, più atteso di tutti, si è rivelato per ora la più grande delusione stagionale in casa rossonera. Un solo exploit da campione contro il Psg, in mezzo a un mare di mediocrità (appena 3 gol in campionato, gli stessi di Tomori...) e menefreghismo. Già, perché la costante di questa stagione del portoghese, è la totale sconnessione con l'ambiente attorno a lui, quasi come se poco gli importasse di ciò che lo circonda, di una nave che imbarca acqua da (quasi) tutte le parti. Nel 2024 sarà chiamato a giustificare l'essere il giocatore più pagato della rosa, nonché quello sempre difeso e coccolato da Stefano Pioli.
L'alba dell'ultimo Capodanno rossonero. Il tramonto di una storia da raccontare anche ai bisnipoti, ma che sta prendendo una piega sempre più negativa. Il ciclo di Stefano Pioli è finito il 29 gennaio 2023, quando a San Siro il Sassuolo passeggiava sulle macerie milaniste per 2-5. Il momento ideale per cambiare rotta era quello, ma Maldini e Massara non colsero l'attimo. Stesso errore commesso da Giorgio Furlani e Geoffrey Moncada a giugno. Da lì è stato un lento e inesorabile trascinarsi verso l'apatia e la depressione di questa stagione. Sia chiaro, i 36 punti in 18 partite sono solo uno specchio per le allodole: i 31 infortuni stagionali sono la reale cartina di tornasole. Il gioco latitante e privo di idee è la triste consuetudine dell'anno solare milanista. Le cinque scoppole nei derby rimarranno un'onta difficile da cancellare, e su cui il nome impresso a lettere maiuscole è proprio quello di Stefano Pioli. A cui va l'augurio di portare la nave in porto (se ne sarà in grado), e dopodiché mettere fine a questa lenta e triste agonia.
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