MILAN IBRAHIMOVIC - "Voglio aiutare il Milan". Dopo le prime dichiarazioni di ieri, nel giorno del nuovo sbarco sul pianeta Milan, Zlatan Ibrahimovic risponde alle domande dei giornalisti nella consueta conferenza stampa di presentazione. L'attaccante svedese, che ieri ha sostenuto un allenamento personalizzato dopo l'arrivo a Milano direttamente da Stoccolma e le visite mediche di rito, si appresta ad iniziare la sua seconda avventura in rossonero. Ecco tutte le dichiarazioni del numero 21 del 'Diavolo'.
"Ho un bel rapporto con i tifosi. Anche ieri l'arrivo è stato molto positivo. Il 50% di quello che facciamo è grazie ai tifosi. Se abbiamo il loro supporto è più facile fare le cose. Sono pronto e spero di giocare già oggi (amichevole, ndr)".
"Dopo l'ultima partita a Los Angeles, Paolo mi ha chiamato. Abbiamo parlato un po'. A 38 anni ho avuto più richieste di quando ne avevo 28. Ho detto che cercavo l'adrenalina. A questa età non giochi per soldi. Ho parlato tanto anche con Boban. Poi dopo la partita con l'Atalanta sono arrivate molte chiamate (ride, ndr). Non era una decisione difficile. Nel 2012 non volevo andare via dal Milan, via senza il mio ok. L'importante è che ora sono di nuovo qua, farò di tutto per migliorare le cose. Ho sempre detto che il Milan è casa mia e mi ha dato la felicità di giocare a calcio. Ho grande voglia di Milan, voglio bene a questo club e lo rispetto".
"Vengo per migliorare le cose. Pensiamo ad una partita alla volta, poi vediamo cosa succederà. Ho visto la squadra da lontano, può fare di più. I risultati non sono stati straordinari, soprattutto nell'ultima partita. Ho sempre detto che il campionato non è uno sprint ma una maratona. Bisogna lavorare tanto e migliorare le cose in campo, sono qui per questo".
"Perché non ho perso la passione per quello che faccio".
"Il Milan è sempre il Milan, la storia e l'immagine non si cambia. La squadra non è quella di prima, ma sono successe tante cose dopo l'addio di Berlusconi. Io sono un calciatore, devo pensare solo a quello che succede in campo. Sono sempre positivo, se non credessi in questo progetto non sarei tornato. Questo uomo qua (Maldini, ndr) era meglio averlo in campo, ma anche qui a fianco non è male (ride, ndr)".
"Ogni anno è diverso. Fisicamente si cambia, mentalmente non credo. Poi l'esperienza ti porta a fare cose differenti, se sei un calciatore intelligente sai che cosa puoi fare oppure no. Devo rendere al meglio per fare il possibile per il collettivo".
"Difficile rispondere, perché da dentro non sai come sono le cose. Da fuori si può avere un'opinione. Quello che ho visto sono i risultati, le partite. La squadra è cambiata tanto in poco tempo. Non ho tutte le risposte per quello che è successo. Poi da fuori Milan è sempre Milan, anche in America".
"Molto più cattivo (ride, ndr). Adesso che ho due bimbi ho capito quanto è difficile farli crescere (sorride, ndr). No, sono me stesso. I compagni sanno come sono, come ti alleni e come giochi la partita. Bisogna lavorare tanto, duro e forte. Devi sapere soffrire, uno che non lo sa fare non arriva al massimo del suo potenziale. Non a tutti piace soffrire, a me sì. Mi aspetto tanto dai compagni, qualche volta anche più di quel che può uscire da qualcuno. L'importante è fare il meglio, poi non c'è una scorciatoia per gli obiettivi".
"Dopo l'infortunio ho detto che sono molto contento di giocare a calcio. Avevano detto che fosse impossibile tornare. Ho lavorato molto e sono tornato. Finché posso giocare lo faccio, poi ci sono differenti livelli di ciò che puoi fare. Con grande voglia, spirito e mentalità si può giocare ad alto livello. Devi solo gestire le cose, poi non è che gioco come a 28 anni. Impossibile, impossibile. O come a 30 o 35. Non bisogna esagerare quando giochi, invece di correre puoi tirare da 40 metri".
"Può fare di più. Qui la pressione è altissima, dal club, dai compagni, dai tifosi. Tutto il mondo si aspetta di portare risultati. Si può fare di più e si deve, se giochi al Milan non sei stato fortunato ma sei venuto qui per i risultati e per fare il tuo lavoro".
"Uno individuale e uno collettivo. Il primo è divertirmi in campo, stare bene, aiutare i compagni; il secondo è migliorare la situazione. Ogni secondo che sto in campo voglio sentire l'erba, quando sono stato fuori oltre un anno non è stato facile. Quando senti l'erba, vedi l'atmosfera, 85 mila ti fischiano o ti applaudono... Preferisco i fischi, così mi esce adrenalina, ma alla fine possono applaudire".
"Sto bene. Dopo l'ultima partita che ho fatto, mi sono allenato perché mi piace stare attivo. Solo che non ho toccato il pallone, ma è la cosa che mi manca meno. Sono pronto".
"È bello che Cristiano Ronaldo sia qui. Vediamo che succede...".
"Penso che sia molto positivo, un calciatore dalla Svezia rappresenta una grande squadra. Non ce ne sono tanti, è normale che sia positivo. Ieri è stato positivo sia per il Milan che per la Juve. Quando vivi in America è difficile vedere i campionati in Europa, quando mi sveglio le partite sono già finite. Ho sentito cose ottime su Dejan, sono contento per lui. Quando arrivi in un top club si capisce cosa devi fare per stare al massimo".
"Non si sa mai, quando hai un buon rapporto con tutti c'è la possibilità. Finché sono attivo cerco le sfide, per dare risultati ovunque. Non mi piace essere una figurina. Se dopo sei mesi faccio cose buone, ok, si continua. Altrimenti non mi interessa. Non sono qui perché sono Ibrahimovic, incomincio da zero e devo dare risultati. Il passato non mi aiuta, quello che mi dà più adrenalina è lavorare, dare la sfida, devo dimostrare. Per me stesso, non per voi, voi fate il vostro lavoro. Come persona io funziono così".
"La sfida è contro me stesso, per farlo devi lavorare, avere voglia e mentalità giusta. Se sono in campo per non portare risultati, non serve a niente. Meglio un altro. L'obiettivo è di continuare come ho fatto fin ad ora, di aiutare in tutti i modi. Poi, come ho detto, non hai 20, 25, 30, 35 anni. Lo stile cambia, il gioco anche, ma so cosa devo fare per assist, gol, vincere contrasti aerei. So cosa devo fare. Zlatan c'è ancora".
"L'ho visto per pochi minuti, è stata una giornata impegnativa. Sono arrivato a Milanello tardi, ci ho parlato, mi ha spiegato alcune cose e anche io gli ho detto quello che mi serve per stare bene. Poi mi sono allenato. Con calma arriva tutto".
"Ho parlato con Leonardo l'anno scorso, però non mi sentivo pronto per farlo. Dopo l'infortunio ho fatto un anno di campionato, volevo fare di più per sentirmi bene. A Los Angeles andava bene, continuavo a giocare. Andare in America era per sentirmi vivo dopo l'infortunio. Dopo due stagioni mi sento più che vivo e pronto per giocare in Italia. Durante il periodo tra PSG e United non ci sono stati contatti".
"Sì, a 38 anni firmare per il Milan non è successo in molte occasioni. Venire qui, giocare per il Milan... Significa che ho qualcosa da dare, altrimenti non ci credevano. Non vengo come una mascotte. È una prova anche per me, capire che funziona e ha un valore".
"Ho vinto qui, ho vinto lì. Il derby è speciale, ne ho giocati tanti, in molti paesi. Dico sempre che il migliore è Inter-Milan, Milan-Inter. Oggi c'è un'amichevole, lunedì c'è la Sampdoria. Poi pensare più avanti... Non ho firmato cinque anni. penso oggi e domani".
"Quando si inizia un campionato l'obiettivo è quello di vincere qualcosa. Sono arrivato a metà. Ho mentalità vincente, speriamo di farlo. L'obiettivo vero è migliorare la situazione e aiutare la squadra a crescere e alzare il livello mentale e in campo. Poi quando stai bene gli obiettivi si alzano. Qui in cinque/sei mesi proverò a dare una mano".
"Non conosco bene i giocatori in squadra, prima devo conoscerli. Poi vediamo cosa decide il mister. Poi ho sempre provato ad aiutare tutti, dentro e fuori dal campo. Chi ha questo 'plus', come quello di Nocerino, non lo so. È una cosa individuale... Quando giochi con i campioni non è difficile, le cose diventano automatiche. Se sei intelligente usi la situazione e giochi. Poi con questa squadra non so chi avrà quest'effetto".
"Quello è parte del mio gioco, se non faccio gol provo a fare assist per aiutare. È sempre il collettivo, non faccio le cose da solo, altrimenti non giocavo a calcio bensì uno sport individuale. Proviamo ad aiutare per cambiare questi numeri. Bisogna crederci, quando lo fai le cose arrivano, in un modo o nell'altro. Però ci proviamo".
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